L’espressione viene introdotta nel secolo scorso con Pio XI nella Qadragesimo anno e definisce gli interventi magisteriali della Chiesa in ambito sociale a partire dalla Rerum Novarum. Tuttavia il tipo di insegnamento era già presente nella tradizione della Chiesa Gs non mette in questione la competenza delle istituzioni, riconosce il tributo dovuto a Cesare, riconosce l’indipendenza e la laicità dello Stato, ma pone nella società il sale evangelico delle beatitudini. Paolo raccomanda l’obbedienza verso i governanti, ma relativizza l’autonomia politica che è subordinata a Dio. Paolo vuole affermare che la vita politica deve essere percorsa dalla carità. Viene espresso un giudizio negativo quando l’autorità non riconosce la sua origine e si sostituisce a Dio. La pace costantiniana apre la strada ad una progressiva integrazione tra cristianesimo e strutture politico-sociali. Il cristianesimo diviene così la religione ufficiale e le leggi civili si uniformano a quelle cristiane. Il quadro si complica nei primi secoli del Medioevo dove papa e vescovi assumono compiti in campo civile e politico, fino a diventare parte integrante del loro ufficio. Iniziano però ad apparire tensioni e la necessità di una separazione tra società e Chiesa Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 si crea un quadro socio-culturale totalmente nuovo, in seguito alle grandi rivoluzioni. Nascono nuove teorie economico-sociali. Viene escluso il riferimento ad un bene e ad una verità assoluti, essi vengono considerati competenza del singolo. Da qui la figura dello Stato liberale agnostico e aconfessionale che si fonda sul principio della separazione dello Stato dalla Chiesa. Di fronte a questa emancipazione, la Chiesa assume un atteggiamento di netto rifiuto. Espressione di tale posizione sono i pronunciamenti di Pio IX Quanta Cura, il Sillabo, che sancisce la rottura con il mondo moderno.

LA RERUM NOVARUM DI LEONE XIII (1891)

La DSC in quanto dottrina ha inizio con la Rerum Novarum. La Chiesa si sente assediata di fronte alle trasformazioni della società e si sente in dovere di intervenire e di uscire da un certo isolamento. L’enciclica RERUM NOVARUM affronta la questione operaia generata dal conflitto fra capitale e lavoro nel contesto storico-culturale prodotto dalla rivoluzione industriale in Europa. Marx riteneva che la produzione economica, con la conseguente lotta di classe, fosse il fattore determinante del conflitto tra capitale e lavoro: per superare questo conflitto sarebbe bastato abolire il capitale e passare ed una nuova organizzazione della società. Si sarebbe così avuta una soluzione radicale della questione sociale ed in particolare di quella operaia.

Tuttavia, l’interesse e la cura della Chiesa per la questione sociale non inizia con il 1891. A partire dall’800 si erano impegnati molti cristiani. Questo movimento chiamato ‘cattolicesimo sociale’ aveva da una parte uno scopo apologetico: contrastare i cambiamenti culturali e strutturali della società visti come opposizione alla morale cristiana; dall’altra aveva uno scopo assistenziale nei confronti dei bisogni più urgenti e immediati. Questa era però di fatto una risposta caritativa immediata verso i più poveri che si collocava a livello assistenziale, mentre faticava ad inserirsi come risposta cristiana a livello istituzionale.

L’interesse della Chiesa verso l’aspetto sociale era legato a due punti chiave: la giusta remunerazione e la liceità dell’associazionismo, promosso per ottenere nuove condizioni non solo di salario, ma anche di vita e di lavoro.

L’impatto teologico soggiacente alla RERUM NOVARUM è legato alla rinascita del tomismo, che Leone volle reintrodurre, e serve come strumento filosofico per il confronto-scontro con le due ideologie nascenti: il marxismo e il liberalismo. Leone non si limita solo a condannarle, ma ne spiega le ragioni: il marxismo, che sta alla base del comunismo, è sbagliato perché pretende di abolire la proprietà privata e di trasformarla in proprietà collettiva. Questa è una falsa soluzione, perché rende in realtà gli operai ancora più poveri. Inoltre, tende a perpetrare l’odio e la divisione tra le classi, sostituendo di fatto una forma conflittuale ad un’altra: da quella che contrappone operaio-padrone a quella che contrappone il singolo allo Stato.

Nella RERUM NOVARUM si va contro il liberalismo. Si afferma che i ricchi e i padroni ‘non devono trattare l’operaio da schiavo, devono rispettare in lui la dignità della persona umana’. Si dichiara che l’economia ha una dimensione etica perché è essenzialmente orientata al servizio dell’uomo.

Si afferma la necessità dell’intervento dello Stato nella questione sociale per aiutare i più bisognosi. Il bene comune è dato dal garantire i diritti di tutti in modo uguale tutelando appunto l’interesse comune. In quest’ottica di compartecipazione al bene comune si parla anche di prevenzione dello sciopero, di diritto al giusto salario, di tempo di riposo, di sindacati. L’associazionismo e la collaborazione sono indicati come vie di riconciliazione tra le classi. Si recupera l’idea delle corporazioni dei mestieri, per adattarla alle nuove condizioni. La RERUM NOVARUM in sostanza propone un modello di società di tipo organico, nel quale tutti concorrono al bene comune dell’intero organismo sociale presieduto dallo Stato.

L’accoglienza della RERUM NOVARUM in campo cattolico non fu unanime. Fuori dalla Chiesa molti la irrisero come espressione di un Magistero fuori dalla storia. Letta oggi, essa rivela una ‘sapienza’ attinta dalla tradizione e specialmente dal pensiero di Tommaso. La RERUM NOVARUM è invece l’ammissione della necessità di ‘mediare’ tra fede e storia, al fine di trarne direttive di azione. Il rapporto fede-storia, viene risolto da Leone attraverso il modello della ‘cristianità’. E’ necessario il ripristino della Cristianitas, e questo comporta sul piano politico un’autorità che riconosca, senza uscire dalla sue competenze temporali, il fondamento religioso nella vita civile.

IL MAGISTERO SOCIALE DI PIO XI (1922-1939)

Quando esce la Qadragesimo Anno (1931), la questione sociale è profondamente mutata: si tratta di un conflitto tra due modelli diversi di Stato che erano nati. Il marxismo si era tradotto in socialismo reale e comunismo. Lo scontro con la Chiesa fu subito violento. La religione veniva considerata ‘l’oppio del popolo’ e repressa anche in modo cruento. Nella QUADRAGESIMO ANNO Pio XI accenna a una distinzione tra il comunismo inumano e il socialismo più mite. Tuttavia ‘nessuno può essere al tempo stesso buon cattolico e vero socialista’. Pio XI approva e fa promulgare il decreto di scomunica verso i comunisti. Il Papa condanna duramente tutti i totalitarismi. Tuttavia, per varie ragioni, viene stipulato il Concordato solo con Mussolini e con Hitler.

Nel frattempo, anche il liberalismo classico era entrato in crisi con il crollo di Wall Street e le grande depressione economica. Il nuovo liberalismo punta ad una ‘economia mista’ dove lo Stato può intervenire in economia e politica. Resta ancora il principio della totale libertà dell’iniziativa economica e l’idea della proprietà privata.

Pur con questa evoluzione verso un maggiore intervento dello Stato, il capitalismo degli anni ’30 genera l’accumulo del potere in poche mani. Viene dunque condannata la nuova forma di liberalismo.

Anche la QUADRAGESIMO ANNO ricerca una forma di organizzazione cristiana della società. La proposta di Pio XI si regge sulla corporazione. L’idea è di costituire tra l’individuo e lo stato dei corpi intermedi che possano svolgere il loro ruolo senza essere espropriati dall’autorità centrale. Viene formulato per la prima volta il ‘principio di sussidarietà’.

In sintesi: si afferma la necessità di un ordinamento sociale radicato nella giustizia e nella carità in cui l’individuo e i gruppi intermedi trovano riconoscimento nell’autorità civile chiamata a intervenire solo quando l’iniziativa privata si manifesti insufficiente per il conseguimento di alcuni beni comuni. La soluzione alla questione sociale passa quindi attraverso il corporativismo.

L’obiettivo era quello di re-instaurare la ‘cristianità’ nel mondo moderno. Pio introdusse così l’AC e favorì il sorgere di gruppi impegnati nel mondo del lavoro. La QUADRAGESIMO ANNO afferma inoltre che il salario deve essere proporzionato non solo alle necessità del lavoratore, ma anche a quelle della sua famiglia. Rifiuta gli estremi del liberalismo, ma riconferma il valore della proprietà privata.

LA NUOVA CRISTIANITA’ DI PIO XII (1939-1958)

Anche Pio XII parte da una lettura negativa del mondo, quando l’umanità è sconvolta dalla guerra. La soluzione per uscire dai mali presenti è l’edificazione di una nuova cristianità., fondata sul diritto naturale e sulla rivelazione. I laici cattolici si dovranno impegnare per ri-cristianizzare strutture e istituzioni, facilitando così la salvezza degli uomini. Non basta un’idea astratta di cristianesimo, ma concrete leggi, orientamenti, istituzioni operanti sotto la guida della Chiesa.  Nei Radiomessaggi natalizi (39-57), Pio presenta una società di tipo solidarista basata sulla collaborazione di tutti e nella quale la persona è riconosciuta come ‘soggetto, fondamento e fine’ e l’iniziativa privata va promossa e tutelata.   E’ con Pio che l’espressione DSC entra a far parte del linguaggio ufficiale del Magistero. Si consolida l’idea di un ‘corpo dottrinale’ basato su un progetto sociale derivato dalla natura stessa dell’uomo: la società è una realtà naturale che ha i suoi principi e le sue leggi, che l’intelletto deve scoprire e ai quali ogni uomo deve ragionevolmente attenersi; la fede può solo perfezionare e integrare questa conoscenza. Questo progetto ritiene che tocchi alla Chiesa guidare la costruzione della società, attraverso quel ‘piano intermedio’ dove fede e cultura si toccano.

In sintesi: il modello rinvenibile nel pensiero di Pio XI e in parte di Pio XII è quello della ‘terza via’. La rivelazione e la fede producono un modello di società ‘alternativo’ ai due grandi sistemi esistenti del capitalismo liberale e del socialismo. I rimedi sociali proposti consistono nel riprendere le corporazioni e nel ritorno a uno spirito cristiano in tutti i settori della vita sociale.

Inoltre vi è una leggera apertura alla competenza dei laici, anche se per essi non c’è il riconoscimento di alcuna missione specifica nel mondo. Ci vorrà il Concilio Vaticano II per cambiare tale visione dei laici e del loro rapporto con il clero.

GIOVANNI XXIII, PAOLO VI e il CONCILIO VATICANO II

Quando GiovanniXXIII succede a Pio XII, la questione sociale è cambiata in modo profondo. Ora ha assunto dimensioni planetarie: nord ricco e sud povero. Tra le cause di cambiamento possiamo individuare : la crisi delle ideologie, i processi di mondializzazione, le acquisizioni dottrinali e pastorali del Concilio Vaticano II.

Tra le grandi ideologie smentite c’è anche la Chiesa Nel frattempo, essa ha mutato atteggiamento e passa al confronto con il socialismo. Essa afferma che nei movimenti vi possono essere elementi degni di approvazione, nella misura in cui si fanno interpreti delle giuste aspirazioni dell’uomo e sono conformi ai dettami della retta ragione. C’è quindi disponibilità da parte della Chiesa di riconoscere elementi positivi nei movimenti nati dal marxismo. E’ possibile un dialogo anche con i non credenti per edificare il mondo in modo giusto.

La seconda causa alla base della stagione del dialogo è l’accentuarsi dei ‘processi di mondializzazione’. La creazione di organismi sopranazionali per la pace, la difesa dei diritti dell’uomo e lo sviluppo.

Tutti questi fattori portano alla ricerca di ‘vie sicure per ricomporre i rapporti della convivenza secondo criteri universali’, come si afferma nella Mater e Magistra,e a un nuovo metodo di lettura dei fatti sociali legato ai tre verbi: vedere, giudicare, agire. Prima si vedono le situazioni, poi le si valuta alla luce del Vangelo e delle direttive del Magistero, infine si arriva alla ricerca e alla determinazione di quello che si può e si deve fare

LE ACQUISIZIONI DEL CONCILIO VATICANO II

La svolta operata dal Concilio è riscontrabile in una nuova modalità di rapporto da parte dei cristiani che esige una interpretazione della realtà. Non si giudica la società, ma si cercano nella stessa quelle evidenze morali che permettono poi, alla luce della Rivelazione, di orientare la pratica effettiva. Tali evidenze si esprimono nel riconoscere e promuovere il valore della dignità umana. E’ dunque centrale l’idea del valore della persona umana e della sua promozione.

Il nuovo atteggiamento nei rapporti Chiesa/mondo, viene tematizzato nella prima parte della Gaudium et Spesn due riferimenti: la solidarietà e il reciproco scambio. Questa apertura al mondo chiama la Chiesa a un sincero dialogo volto a riavvicinare credenti e atei. Il Papa non esita ad ammettere nel mondo moderno l’esistenza di valori non estranei al Vangelo.

Altra acquisizione fondamentale è il superamento della visione clericale della Chiesa Si riconosce non solo una missione apostolica del laico nel mondo, ma si definisce questa come espressione della stessa vocazione cristiana. Su questo si fonda la corresponsabilità dei laici insieme ai ministri ordinati. Tutti, Chiesa e laici, sono in comunione e missione nel mondo, anche se in modo diverso.

La necessità del dialogo a tutti i livelli viene articolata da Paolo VI nella Populorum Progessio, come attenzione allo sviluppo mondiale e necessità di una solidarietà con tutti i popoli della terra. Il documento traccia le coordinate di uno sviluppo integrale dell’uomo e di uno sviluppo solidale dell’umanità.

Lo sviluppo a vantaggio di tutti risponde all’esigenza di una giustizia su scala mondiale che garantisca una pace planetaria. In tale prospettiva Paolo VI istituisce (1967) la Pontificia Commissione ‘Iustitia et Pax’. Inoltre, per sua iniziativa, la Chiesa celebra il primo giorno dell’anno la Giornata Mondiale della Pace.

Nella lettera apostolica Octogesima Adveniens, si dice che per promuovere lo sviluppo bisogna saper compiere un’opera di discernimento delle varie situazioni sociali. Tale discernimento implica: la possibilità di soluzioni anche diverse di uno stesso problema, da parte delle varie comunità cristiane, quindi la possibilità di un pluralismo legittimo, senza saltare mai però la mediazione dell’insegnamento sociale della Chiesa. Spetta ad ogni singola comunità analizzare la situazione del proprio paese, chiarirla alla luce del Vangelo, attingere principi di riflessione, giudizio ed azione dall’insegnamento sociale della Chiesa

IL MAGISTERO SOCIALE DI GIOVANNI PAOLO II

Con lui la questione sociale è diventata un problema di qualità di vita: i problemi del mondo si sono talmente ampliati da interessare la vita umana.

  • Il vangelo della vita: nella sua prima enciclica Redemptor Hominis, Giovanni Paolo afferma che Cristo è il rivelatore e il redentore dell’uomo in tutte le sue dimensioni. L’uomo diventa la via privilegiata della Chiesa. Essa non ha soluzioni immediate ai vari problemi sociali, ma dà il proprio contributo alla questione sociale, quando proclama la verità su Gesù e quindi la verità ultima sull’uomo. Oggi, la sfida più radicale è costituita dal fatto che si riconosce alla vita umana un valore relativo, non più assoluto. Secondo il Papa, l’ambito da cui bisogna partire per affermare il vangelo della vita è la famiglia. Le famiglie cristiane, in forza del sacramento ricevuto, hanno la peculiare missione di essere testimoni e annunciatrici del Vangelo della vita.
  • Il vangelo del lavoro: il sistema capitalistico ha generato squilibri mondiali. Il problema è da ricercarsi nella perdita del senso del lavoro, sentito un puro mezzo per guadagnarsi da vivere. Nella Laborem Exercens, si afferma che ‘il fondamento per determinare il valore del lavoro umano è il fatto che colui che lo esegue è una persona’. Il vero soggetto della produzione è l’uomo. Il lavoro è un ambito in cui deve trovare realizzazione la vocazione naturale e soprannaturale della persona. Il lavoro acquisterà il suo significato autentico quando sarà considerato atto della persona. Questa enciclica arricchisce la visione personalista caratteristica dei precedenti documenti, indicando la necessità di un approfondimento dei significati e dei compiti del lavoro. Infatti, il lavoro è ‘chiave essenziale’ di tutta la questione sociale.
  • Il vangelo della carità: il Papa indica come primo, l’amore preferenziale per i poveri. Questo richiede l’impegno non solo alla solidarietà, ma anche alla giustizia che tuteli i diritti dei poveri.

Nel centesimo anniversario della Rerum Novarum, il Papa promulga la Centesimus annus. Essa pone al centro della questione sociale il problema di Dio e chiede un impegno di tutti per un nuovo modello di sviluppo fondato sulla trascendente dignità della persona umana. Il crollo dei regimi comunisti ha riproposto il monito che una società che nega Dio è destinata a non rispettare i diritti umani e quindi ad essere travolta. Il Papa mette in evidenza come l’insegnamento sociale corra lungo l’asse della reciprocità tra Dio e l’uomo. C’è il pericolo che si diffonda nell’Occidente una cultura neocapitalistica assai negativa. L’enciclica considera il profitto un valido indicatore del benessere dell’azienda, ma non l’unico. Essa desidera che l’uomo non sia schiacciato tra il mercato e lo Stato.

BENEDETTO XVI: l’amore nella verità

Questo Papa, nella Deus Caritas est,si afferma che questa verità determina l’esistenza cristiana. La Chiesa nella sua attività caritativa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo. Il Papa afferma che la DSC solo contribuire alla purificazione della ragione e recare il proprio aiuto per far sì che ciò che è giusto possa essere riconosciuto e poi realizzato. Per questo la Chiesa non si sostituisce allo Stato. La Chiesa ha quindi come compito proprio la carità verso tutti come espressione dell’amore trinitario e attuazione del comandamento dell’amore verso il prossimo.

Nella Spe Salvi, il Papa afferma che la Chiesa è custode della speranza di fronte al fallimento delle speranze riposte nel progresso scientifico o nel materialismo. La questione sociale è oggi più che mai un problema che tocca l’aspetto qualitativo del vivere.

La Caritas in veritate, si può considerare il punto conclusivo del percorso iniziato con la Deus Caritas est e continuato con la Spe Salvi. Occorre quindi interpretare questo documento alla luce dei precedenti. Questa enciclica vuole sviluppare la dimensione sociale dell’amore per il prossimo e indicare le dimensioni concrete della speranza nella storia. La Chiesa vuole indicare le linee per realizzare una società il più giusta possibile.

Benedetto da una nuova definizione di DSC: essa è l’annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società. Intende dire che la DSC non nasce solo come risposta a una questione concreta, ma nasce ‘dall’interno della risposta di verità e di amore che il cristianesimo offre alle attese della società umana’.

I nodi problematici affrontati nell’enciclica sono: il rapporto fra l’uomo e le scienze, la globalizzazione, gli effetti sull’ambiente della rivoluzione produttiva. Oggi occorre affermare che la questione sociale è diventata questione antropologica, nel senso che essa implica il modo stesso non solo di concepire, ma anche di manipolare la vita, sempre più posta nella mani dell’uomo. Si riferisce ai tentativi di manipolazione della vita umana operate dalla tecnica. Tali pratiche hanno ripercussioni sulla stessa vita sociale. Ma il sapere scientifico non può essere assoluto.

Per quanto riguarda la globalizzazione, il papa ricorda che con essa aumenta la ricchezza, ma anche la disparità. La risposta a questi problemi è: recuperare la centralità del lavoro, provvedere ad una più equa distribuzione della risorse…Il mercato non va lasciato a se stesso, perché può aumentare le disuguaglianze. Per questo l’economia ha bisogno della politica per essere governata, e dell’etica in quanto costituisce il fondamento di valore. L’enciclica affronta anche il problema ecologico. Il papa auspica la creazione di un’autorità politica mondiale che regoli i diritti in vista del bene comune.

SVILUPPO DEL RAPPORTO FEDE-SOCIETA’ NELLA DSC

Vi sono due grandi periodi: deduttivo, da Leone a Pio XII (1891-1958); induttivo, inaugurato dal VII. Il primo consiste nell’elaborare un progetto universale e astratto di società, in accordo con la fede e far discendere da esso le applicazioni per risolvere i problemi. All’origine di esso c’è una visione secondo la quale l’intelletto può e deve investigare al fine di conoscere i principi che ne regolano la struttura e lo sviluppo. E’ quindi la ragione che deve individuare quale deve essere l’ordine sociale condivisibile da tutti. Lo scopo è tendere a quell’unità originaria iscritta nella natura umana. I principi che presiedono alla costruzione di una società armonica sono due: solidarietà e carità. Vi è dunque l’immagine di una DSC che poggia su diritto naturale e Rivelazione. Mentre il metodo induttivo è dato dalla riscoperta della dimensione storica dei fenomeni sociali. Induttivo perché parte dalle mutevoli condizioni in cui si dà la realtà sociale e interpreta tale realtà alla luce della fede scoprendone le possibilità e gli orientamenti per guidare l’azione sociale cristianamente ispirata in dialogo con ogni altro uomo di buona volontà. Vediamo tre fasi:

  •  Giovanni XXIII nella Mater et Magistra (’61) propone il famoso metodo del ‘vedere-giudicare-agire’. Vedere le varie situazioni storiche, giudicarle attraverso i principi e le direttive della DSC ed infine elaborare degli orientamenti per l’agire effettivo. Questo metodo si presenta come aperto, ossia instaura una progressione circolare tra i suoi tre momenti; l’agire non è il momento conclusivo, ma solo provvisorio in attesa di ulteriori applicazioni. Il limite di questo metodo è una valutazione sempre parziale e in divenire delle varie situazioni.
  • Paolo VI riconosce maggiormente la gradualità e la possibilità di diverse soluzioni nel passaggio dal giudizio di fede alla prassi. Nell’Octogesima Adveniens il Papa mostra quattro passaggi: ‘spetta alle comunità cristiane analizzare la situazione del loro paese, chiarirla alla luce del Vangelo, attingere i principi nell’insegnamento sociale della Chiesa, individuare le scelte per operare le trasformazioni urgenti e necessarie. L’impossibilità di soluzioni di valore universale induce a pensare l’insegnamento sociale della Chiesa non come dottrina, ma come ‘principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione’. I principi di riflessione sono quelle verità teologiche dalle quali procede il giudizio sociale. (In Libertatis Conscientia (Giovanni Paolo II) troviamo elencati: il comandamento dell’amore; la dignità dell’uomo; il principio di sussidiarietà e il bene comune). I criteri di giudizio sono quelli che derivano dall’interpretazione della dinamica sociale; le direttive di azione sono gli imperativi pratici che concorrono a fare della DSC una proposta operativa, non un progetto politico. Infine  si dice che i mezzi di azione devono essere conformi alla dignità dell’uomo e favorire l’educazione della libertà. La novità maggiore del metodo induttivo è dunque da riscontrarsi nel carattere dinamico dell’insegnamento sociale.
  • Un ulteriore passo viene compiuto da Benedetto. Egli afferma che la Chiesa non agisce direttamente a livello politico, ma il suo contributo consiste nella ‘purificazione della ragione’. Accanto a questa opera di illuminazione delle coscienze, c’è il compito proprio della Chiesa che è la carità verso tutti come attuazione del comando dell’amore verso il prossimo. Benedetto afferma con forza che ‘la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica’.

IDEE-CHIAVE DELLA DSC

  • Il principio personalista: la persona umana ha dei diritti; essa è il criterio di valutazione di ogni sistema sociale. Viene considerata nei suoi due poli: l’individualità e la socialità. Alcuni peccati vengono definiti sociali . Il peccato provoca le cosiddette ‘strutture di peccato’, le quali creano le condizioni per altri peccati e condizionano il modo di vedere ciò che è da compiere. Le strutture di peccato durano molto e influiscono sul processo di sviluppo dei popoli.
    Ogni persona è portatrice di diritti. I diritti hanno la caratteristica dell’indivisibilità:essi vanno tutelati nel loro insieme da tutti. Diritto alla vita, alla libertà, al lavoro, alla famiglia… Ogni ambito della vita deve ricercare e mostrare la propria fondazione antropologica. Ossia, la società deve prendersi cura della promozione dei diritti e della dignità della persona ad ogni livello.
    Nella concezione individualistica, la società nasce dall’egoismo dei singoli individui; nella concezione collettivistica l’individuo è solo una parte anonima della società. Fra queste due visioni dell’uomo, vi può essere una concezione personalistica, in cui il primato spetta alla persona umana nei confronti di tutte le istituzioni. La morale sociale cristiana si riconosce nel personalismo, vede nella persona umana l’unico vero fine della vita sociale. La società e lo Stato possono sì disporre dell’attività della persona per il raggiungimento dei fini comuni, ma non possono mai disporre della persona stessa.
  • La solidarietà: essa è un principio sociale che permette di dare un giusto ordine alle istituzioni. Essa è anche una vera e propria virtù morale che consiste nell’impegno per il bene comune e nell’impegno per il bene del prossimo, con la disponibilità a ‘prendersi cura, a servirlo’, invece di opprimerlo per il proprio tornaconto. La solidarietà è presentata come carità sociale. Il suo fondamento ultimo è riscontrabile nell’unica paternità di Dio e nella fratellanza universale in Gesù. Il senso religioso rafforza la coscienza della solidarietà, facendo sì che essa sia vera e propria carità. La solidarietà si presenta come la tensione, liberamente assunta, dei singoli e dei gruppi ad essere stabilmente ‘tra,con, per’ gli altri. Essa rivela quindi la necessità di una visione fraterna dell’umanità. Una società solidale deve poggiare su un’antropologia che vede tutti come fratelli.
  • La sussidiarietà: essa è ‘aiuto, sostegno, rinforzo..L’introduzione di tale principio è da riscontrarsi ad opera di Pio XI nella QA. Le aggregazioni sociali di livello superiore non devono sostituire ciò che i corpi sociali intermedi possono compiere, ma devono promuoverli dando loro gli aiuti necessari. Va garantito un aiuto economico alle entità sociali più piccole, ma lo Stato non deve intervenire in modo eccessivo. Ogni cittadino deve sentirsi una parte attiva della realtà politica e sociale. La Costituzione stabilisce ‘la preminenza della persona umana rispetto alla società’, e quindi rispetto allo Stato. Il principio di sussidiarietà si oppone ad ogni forma di accentramento, assistenzialismo e a tutto ciò che limita la legittima autonomia e libertà d’iniziativa.
  • Il bene comune: è uno dei criteri-base di regolazione della vita sociale. Esso non è la somma dei beni particolari. In quanto indivisibile, è possibile raggiungerlo solo insieme. Il bene comune si raggiunge nel creare le condizioni di possibilità per un vivere ordinato al bene di ciascuno e di tutti. Il BC corrisponde a quel bene, di tutti e di ciascuno al tempo stesso, che è sintesi di tutti i beni realizzati dalla convivenza civile; quel bene che è e rimane comune, sia perché indivisibile, sia perché solo comunitariamente è possibile costituirlo.

La destinazione universale dei beni

I beni economici devono essere finalizzati a tutti gli uomini. La DSC ribadisce il diritto alla proprietà privata distinguendo tra la titolarità del possesso e il suo utilizzo. Ogni uomo deve avere la possibilità di avere dei beni che gli permettano il suo pieno sviluppo. L’utilizzo a favore degli altri non richiede la collettivizzazione, semmai esige che sorgano delle responsabilità, come il dovere, derivante dalla carità, di donare il proprio superfluo.  Deve esserci poi un corretto equilibrio fra proprietà pubblica e privata. La proprietà privata non è dunque un diritto assoluto e intoccabile. La destinazione universale dei beni si coniuga con l’opzione preferenziale per i poveri. L’opzione preferenziale va esercitata ricordando che non si deve dare come carità ciò che invece costituisce un dovere di giustizia.

DOTTRINA SOCIALE E AZIONE ECCLESIALE 

Nei primi decenni del XX sec e in particolare con il CV II, si elabora una ecclesiologia dove il ruolo dei laici è riconosciuto all’interno dell’esistenza quotidiana. Anche Giovanni Paolo II ribadisce che ‘i laici sono chiamati a contribuire alla santificazione del mondo’. Spetta soprattutto ai fedeli laici compiere le scelte in campo socio-politico; tuttavia la Chiesa è tutta impegnata in una presenza sociale coraggiosa e profetica. Senza un laicato maturo, la Chiesa non può rendersi socialmente presente nel mondo. Formare il laico non significa far di lui un professionista della politica, ma promuovere la maturazione di un’autentica personalità cristiana. Egli è chiamato a fare sintesi fra fede e politica. E l’uomo che va educato, tuttavia la qualità morale del singolo è influenzata dal contesto sociale in cui egli vive. Occorre quindi ‘far giusto l’uomo perché ne risulti più giusta la società. Il laico è chiamato a riversare il suo impegno nei diversi ambiti della vita sociale. La politica è molto importante, in quanto riguarda gli aspetti fondamentali della vita. Essa è una forma eminente di carità e da questa deve essere permeata.

Se è vero che non esiste una politica cristiana, bisogna far politica da cristiani, senza che questo coincida con il difendere gli interessi della Chiesa Il cristiano deve lavorare per realizzare il bene politico dei cittadini. Il messaggio di Cristo diventa fonte di ispirazione e di forza nel lavoro per il bene comune. La Chiesa non si coinvolge con un determinato schieramento politico, ma indica i valori provenienti da una antropologia illuminata dal Vangelo.   Per quanto riguarda la sfera privata, ogni presbitero può avere una opinione politica personale e votare secondo la sua coscienza; per quanto riguarda l’atteggiamento pubblico, degli deve essere segno di unità, annunciare il vangelo in pienezza e quindi deve astenersi dal manifestare le proprie opinioni.   La Chiesa può esercitare una sorta di supplenza politica, purchè questa sia necessaria, di fronte a casi eccezionali di emergenza (istituzioni assenti o carenti…). La supplenza deve essere limitata nel tempo, fino a quando si ristabilisce la normalità.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Possiamo rilevare un progressivo cammino della DSC legato a tre cardini:

  • Il riconoscimento della centralità della persona; l’attenzione alla storia e all’uomo concreto (metodo induttivo); il riconoscimento di un doveroso apporto cristiano alla causa comune. La Chiesa svolge un ruolo di accompagnamento e di guida della coscienza nella ricerca della verità e del bene.

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