Le lamentazioni di questi giorni formulate da molti amici mi hanno toccato profondamente e mi hanno sollecitato a una riflessione a voce alta.

Desidererei, tuttavia, premettere alcune osservazioni:

  1. Piangersi addosso come il profeta Geremia non paga.
  2. Interpretare soggettivamente gli accadimenti di questo ultimo tempo non porta da nessuna parte.
  3. Decidere soggettivamente chi abbia sbagliato di più non è costruttivo.
  4. Limitiamoci a censurare il tradimento.

Certamente si impone una riflessione seria e a tutto tondo. Valutazioni errate ve ne sono state, inutile nasconderlo. Personalmente stimo che

-      sia stata tradita l’Assemblea dei Soci DC definita dal giudice Romano,

-      sia stato inosservato Codice Civile,

-      sia stato mortificato e disatteso il mandato del medesimo Giudice: quello, cioè, di riorganizzare il Partito della DC.

Ognuno avrà i propri convincimenti che dovranno essere esaminati rapidamente nella maniera più oggettiva. Non per distruggere, ma per ricostruire.

Con carità, ma nella verità vanno allontanati dalla DC coloro che hanno dato prova di non amare, di non volere e di sabotare questo nobile Partito.

Sono sicuro che la DC si ristabilirà solo se - dopo aver chiarito all’interno della attuale Associazione lo stato delle cose – saranno incontrate tutte le anime della DC per far sì che nessuno faccia più la guerra delle “carte bollate”. Ma questo richiede l’umiltà di mettere da parte i convincimenti e le opinioni personali e guardare all’obiettivo grande della ricomposizione della DC. Se veramente quello che importa e interessa è la rinascita e la riorganizzazione della Democrazia Cristiana, che senso hanno i protagonismi e le primogeniture? 

Credo che proprio per questo eccesso di protagonismo gli insuccessi, le sconfitte, le delusioni, le amarezze sono state troppe. Si vuole continuare su questa strada inconcludente, rissosa, sterile?Mi auguro davvero di no.

I Maestri gli abbiamo: De Gasperi, Sturzo e altri ai quali, personalmente, ognuno guarda come a fari e luminari della politica DC. Le maestrine dalla penna rossa non servono. Si tratta di cercare ciò che unisce non ciò che divide.

Puniamo e allontaniamo chi ha tradito.

Su tutto il resto stendiamo il velo della misericordia. Abbiamo tanto, anche tutti noi, da fraci perdonare.

E riprendiamo con coraggio e speranza. Ci aspetta un compito urgente e improrogabile e ancora affascinante: ri-infondere fiducia in chi è stato deluso dagli ultimi accadimenti. La delusione è un’esperienza molto seria e, diciamolo pure, molto difficile. Qualcuno scrive e dice: “almeno non avessi sperato”, perché è meglio non sperare che sperare e rendersi conto che dietro la speranza c’è la delusione. Amici questa delusione e questa amarezza ci hanno fatto scoprire, una volta di più, le persone in gioco e i loro ruoli.

Questo è il tempo del coraggio e della speranza. Tradotto:

  1. È il tempo di un pressante richiamo a impegnarsi per le urgenze che il momento presenta e l’occasione che non dobbiamo lasciarci sfuggire;
  2. È il tempo della forte connotazione della speranza, che accompagni costantemente la nostra parola e la nostra azione.
  3. È il tempo della sfida dell'unità. Nessuno si assuma la responsabilità di essere pietra di inciampo, elemento di divisione, di rifiuto, di allontanamento.

Abbandoniamo tutti la tentazione del "piccolo professore" sempre convinto di aver trovato soluzioni più originali degli altri. Al contrario, spietato e saccente si annida tra i pensieri, combattendo l’entusiasmo e la creatività con le armi subdole del dovere, della colpa e del giudizio. In nome di un suo indefinibile criterio di obiettività uccide i sogni, le speranze e i desideri, incatenandoci a una vita di "distinguo" mortificante e divisiva. Il "piccolo professore" si trasforma in censore, sempre pronto a ricordare i limiti, la pochezza e i demeriti che caratterizzano comune.

Allora spazio al coraggio, all'impegno e alla speranza di tutti e per tutti e per un solo obiettivo: la DC!

È vero che quando la delusione monta è più difficile sperare. Ma non dobbiamo mollare la presa. Facciamo tutti la nostra parte censurando il dispotismo.

Gli errori compiuti servano a tutti. Non fosse altro che per non ripeterli.Qualcuno, in queste ore, ha scritto che nei prossimi giorni avremo l'opportunità di fare: "una disanima attenta per valutare errori e omissioni compiute, sperando di trovare una proposta condivisa che ci permetta finalmente di ricostruire con paziente e forte determinazione la Democrazia Cristiana del XXI secolo".

Ammettere di essere un poco tristi non significa avere paura. La speranza prevale. Non abbandoniamo il terreno della speranza, del futuro pensabile e progettabile, dell’avvenire concepito come prospettiva di emancipazione e di riscatto. L’uscita dalla disperanza, la riapertura del tempo, la ritematizzazione di un futuro possibile sono istanze che possiamo trovare e mettere a fuoco non isolatamente, non soltanto individualmente.

TS

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Fratelli tutti

Fraternità e amicizia sociale sono le vie indicate dal Santo Padre Francesco per costruire un mondo migliore, più giusto e pacifico, con l’impegno di tutti: popolo e istituzioni. Ribadito con forza il no alla guerra e alla globalizzazione dell’indifferenza. Il Papa la definisce una “Enciclica sociale” che mira a promuovere un’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale. A partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico Creatore, tutti sulla stessa barca e dunque bisognosi di prendere coscienza che in un mondo globalizzato e interconnesso ci si può salvare solo insieme. Ovviamente la fraternità è da promuovere non solo a parole, ma nei fatti. Fatti che si concretizzano nella “politica migliore”, quella non sottomessa agli interessi della finanza, ma al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Al contempo, Papa Francesco sottolinea che un mondo più giusto si raggiunge promuovendo la pace, che non è soltanto assenza di guerra, ma una vera e propria opera “artigianale” che coinvolge tutti.

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