Ho seguito il processo che è partito dalla DC  per passare a PPI, CDU, (con parentesi UDR), UDC (solo nel gruppo parlamentare per rifiuto di concedere autonomia a livello  locale al Centro Popolare, già CDU del Trentino) e poi a  iniziative di ripresa come DCA, nCDU, Popolari per l'Italia. Si è sempre trattato, almeno per quanto mi riguarda, di trovare il modo di non far scomparire dall'offerta politica in Italia un partito di esplicita prevalente ispirazione cristiana.

Nel 2010 peraltro c'è stata quella sentenza definitiva della Cassazione che ha aperto le porte non a un succedaneo ma all'originale partito Democrazia Cristiana, il partito di Degasperi, Sturzo, Moro, Fanfani e di molti altri. Attraverso vicissitudini che conosci meglio di me si è passati da quella sentenza alla riattivazione degli organi della DC nel 2018.

Capisco che per chi ha creato un partito con alte ambizioni sia difficile prendere atto che è riattivato l'originale e che razionalità vorrebbe che i partiti succedanei lascino il posto all'originale.

Ci possono essere fasi intermedie, di tipo federativo, ma l'obiettivo non può essere altro che quello di dare forza al partito che in Italia ha rappresentato l'impegno politico cristianamente ispirato per mezzo secolo, protagonista della storia nazionale ed europea (ma ricordo anche l'impegno dell'Internazionale DC in America Latina).

Rilanciare il succedaneo UDC dopo che pur esso si è spappolato e ha fornicato (con suoi leader) con altre identità politico-ideologiche-personalistiche, non mi pare una strada né attrattiva, né razionale. Dobbiamo rafforzare l'unità nella Democrazia Cristiana, partito aperto nel quale non vi sono ostacoli al confluire di tutti coloro che ritengono in modo esplicito di ispirarsi al pensiero sociale cristiano nella sua integralità. Ciò che deve contare sempre è la coerenza con tale ispirazione.

 

Renzo Gubert

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